È possibile realizzare impianti di fotovoltaico ad alta efficienza con zolfo e selenio

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zolfo e selenio al posto del silicio
Credit: Hans- Pixabay

Fotovoltaico ad alta efficienza, sostituendo il silicio con zolfo e selenio: è possibile realizzare celle con prestazioni elevate a partire dal solfuro di stagno

La ricerca per realizzare un fotovoltaico ad alta efficienza con materiali economici è in continuo sviluppo. L’ultimo studio dell’Università di Tokyo propone zolfo e selenio in sostituzione al silicio: la sperimentazione prevede la costruzione di celle solari con solfuro di stagno, un composto di gran lunga più disponibile e abbondante e, di conseguenza, meno costoso.

Il solfuro di stagno (SnS) è un materiale molto diffuso, che non ha effetti tossici ed è relativamente semplice produrre: può essere lo strumento che farà evolvere il fotovoltaico e accrescere la diffusione di una generazione di celle solari al alta efficienza e a prezzi accessibili? Secondo il team di ricerca, capeggiato dal professor  Issei Suzuki dell’Institute of Multidisciplinary Research for Advanced Materials, sì: la squadra ha elaborato una delle possibili soluzioni a una serie di problemi tecnici legati al suo impiego. I risultati della ricerca sono stati pubblicati lo scorso 30 novembre su The Journal of Physical Chemistry C.

Fotovoltaico ad alta efficienza, facile da realizzare ed economicamente accessibile

Il solfuro di stagno viene prodotto realizzando un composto di zolfo e selenio. Si tratta di materiali molto abbondanti in natura, la cui combinazione ha proprietà fotovoltaiche potenzialmente molto efficaci, come il coefficiente di assorbimento ottico, particolarmente elevato, e una banda proibita diretta di fascia media di 1,3-1,4 eV.

Realizzare celle con questa tecnologia, in teoria, potrebbe portare il fotovoltaico a un’efficienza decisamente alta, con valori di conversione intorno al 32%: come quelli garantiti con l’utilizzo di silicio cristallino. Queste proprietà hanno da tempo attirato l’attenzione della ricerca che si occupa di sviluppo di sistemi di energia solare, ma ci sono una serie di problemi al loro utilizzo visto che il solfuro di stagno, così come anche altri materiali più economici e ambientalmente sostenibili rispetto al silicio, ha bassi fotovoltaggi.

Da questo gap è partito lo studio dell’Università di Tokyo, che ha presupposto che per risolverli serva ottenere una tensione a vuoto alta. Il problema è che la tensione generata dai moduli a circuito aperto realizzati in SnS arriva appena al 5%, cioè a metà delle prestazioni che sono al momento garantito dai pannelli solari attualmente in commercio. Nella generazione della tensione, in questo caso, interviene infatti un effetto definito “pinning (blocco) al livello di Fermi”, blocco che, per garantire una generazione di tensione maggiore, serve superare.

Come farlo? La squadra di Suzuki ci è riuscita aggiungendo ossido di molibdeno ai cristalli di solfuro di stagno: verificando gli effetti con la spettroscopia fotoelettrica a raggi X i ricercatori hanno scoperto che così è possibile aumentare notevolmente l’efficacia delle celle solari.

Si tratta di un ennesimo avanzamento della ricerca in ambito solare: se l’innovazione dovesse essere validata sarebbe possibile portare il fotovoltaico a livelli di alta efficienza, utilizzando materiali in grado di garantire buone prestazioni e costi ridotti.